La necessità del silenzio è particolarmente evidente in questo mondo in cui c’è tanto rumore e tante parole inconsistenti.
Il tumulto, la confusione e il rumore continuo che regnano nella società moderna sono l’espressione di un mondo fatto di propaganda, di litigi infiniti, di offese, di critiche o semplicemente di chiacchiere che non ci consentono di approdare a nulla.
Infatti il rumore non è mai sereno e non conduce mai alla comprensione di se, degli altri e di dove si vuole andare. Tantomeno ti aiuta a comprendere dove puoi portare la tua organizzazione. Altro che pianificazione strategica!!!!
La civiltà moderna non sa tacere. Continua sempre nel suo monologo della crescita del PIL. Ma il PIL è come il colesterolo. Esiste quello buono ed esiste quello cattivo. Un progetto di pianificazione strategica etico punta solo alla crescita del PIL buono. Produrre un utile che proviene da un comportamento etico.
La società post moderna rifiuta il passato e guarda al presente come un mero oggetto del consumo; vede il futuro attraverso i raggi di un progresso pressoché ossessivo e non sostenibile.
Grazie al contributo dei social media siamo in un mondo in cui regna ancora di più la dittatura della parola, una dittatura dell’enfasi verbale.
Abbiamo bisogni di silenzio.
«In questo teatro di ombre, non rimane che una ferita purulenta di parole meccaniche, senza valore, senza verità, senza fondamento. Molto spesso la verità non è altro che una pura e mendace creazione mediatica corroborata da immagini e testimonianze prefabbricate[1]».
Recentemente ho anche letto:«Viviamo nella febbre del movimento e della attività. Il male non è soltanto nell’organizzazione della vita moderna, nella fretta che impone ai nostri gesti, nella rapidità e facilità che assicura ai nostri spostamenti. Un male più profondo si trova nella febbre e nella nervosità dei caratteri. Non si sa più aspettare, ne essere silenziosi[2]».
I progetti di pianificazione strategica hanno bisogno di tempo per essere pensati e per dare risultati.
È possibile, a questo punto, che ti stia chiedendo: ma cos’è veramente il silenzio?
Secondo il vocabolario il silenzio è «l’atteggiamento di chi resta senza parlare». Designa «l’assenza di rumore di agitazione, lo stato di un luogo in cui non si percepisce alcun suono».
Per rientrare nel silenzio, non basta fermare il movimento delle labbra e il movimento dei propri pensieri.
Questo è semplicemente tacere e tacere è una condizione del silenzio, ma non è ancora silenzio.
Ma possiamo definire il silenzio anche senza usare la sua negazione perché il silenzio non è una assenza.
«Al contrario è la manifestazione di una presenza, più intensa di qualsiasi presenza. Il discredito gettato sul silenzio dalla società moderna è il sintomo di una malattia grave inquietante. Le vere domande della vita si pongono nel silenzio. Il nostro sangue scorre nelle nostre vene senza fare alcun rumore e non riusciamo a sentire i battiti del cuore se non nel silenzio»[3].
Senza l’ancora del silenzio, qualsiasi percorso di pianificazione strategica possiamo immaginarlo come una piccola e fragile barca, sbattuta di continuo dalla violenza dei flutti.
Il silenzio è la parete esteriore che dobbiamo costruire per proteggere la nostra pianificazione.
Il silenzio non lo si può ottenere o imporre mediante una disposizione o norma aziendale prevista nel manuale della qualità, oppure mediante una pausa tra un processo e l’altro, tra una attività e l’altra.
É per mezzo del silenzio che nasce in noi tutto ciò che ci permette di essere generativi.
È nel silenzio dell’umiltà facendo tacere le nostre bramosie di successo, tenendo a distanza il fracasso di un mondo sempre in agitazione che ciascuno di noi si rende capace di vedere e conoscere se stesso per raggiungere mete mai raggiunte prima.
Roberto Lorusso
Ceo Duc in altum srl
[1] Robert Sarah nel suo libro. “La forza del silenzio”. Cantagalli Editori.
[2] Padre Maria Eugenio nel suo libro: “Voglio vedere Dio” – Feltrinelli
[3] Robert Sarah nel suo libro. “La forza del silenzio”. Cantagalli Editori.