Molti imprenditori e manager d’azienda hanno come sogno quello di dar vita ad una impresa in cui tutti i collaboratori siano soddisfatti e facciano del loro meglio.
Nella maggior parte dei casi, tuttavia, tale speranza rimane un sogno irrealizzato, ovviamente perché non fanno pianificazione strategica e quindi non si rendono conto della esistenza di un “gap di impegno” che rende difficile la realizzazione di questo sogno.
Esiste cioè una grande differenza tra il livello effettivo delle prestazioni dei collaboratori e il livello delle prestazioni che essi potrebbero raggiungere se facessero del loro meglio.
Se fossero quindi in una condizione di empowerment.
Eliminare questo gap è la soluzione alla realizzazione di questo sogno.
Come ho già scritto nell’articolo: l’acceleratore del successo si chiama empowerment, una persona si sentirà impegnata per il successo della azienda per la quale lavora solo se si sentirà parte responsabile dei risultati dell’azienda stessa.
Ma come si fa?
Sono necessari cambiamenti ed in primo luogo il cambiamento della cultura e dei comportamenti di imprenditori e manager.
Ma non dimentichiamoci i dipendenti che approfittano della negligenza dei loro capi per rimanere negligenti anche loro: “chi me lo fa fare?” e poi: “è meglio non avere responsabilità”.
Insomma tutti abbiamo bisogno di diventare migliori, tutti abbiamo la responsabilità del successo o del fallimento di una impresa.
Empowerment per tutti
Il concetto di responsabilità, e quindi una richiesta di empowerment per tutti, non si concretizza ad un solo livello dell’organizzazione perché la responsabilità assume diversi significati, dimensioni e forme.
Ad esempio possiamo parlare di responsabilità personale, di reparto, di divisione, di stabilimento, di azienda, addirittura di comunità.
Sappiamo tutti cosa voglia dire questo alla luce della “responsabilità sociale di impresa”.
Ma una responsabilità può essere imposta, assegnata, richiesta o scelta da una persona.
Come pure concessa come segno di fiducia.
La responsabilità può essere legale e morale, può essere per se stessi o per gli altri. Può essere per intero o per una sola parte.
Quando la responsabilità assume una accezione negativa, la si cerca di evitare, la si teme e tutti cercano di scansarla.
Molto spesso sembra un peso o una seccatura e persino un “dovere gravoso”.
Quando invece ha una accezione positiva, la responsabilità, viene accettata volontariamente, anzi viene richiesta, ed è motivo di piacere e di miglioramento.
In questa visione positiva la responsabilità aiuta a mobilitare le proprie energie per il bene dell’azienda, fa crescere il talento e la creatività.
Un vero tocca sana per il successo dell’azienda.
Allora se tutto è cosi bello e cosi utile perché la gente non si assume la responsabilità? Rispondo in positivo elencando il perché e quando la gente lo fa liberamente:
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- ha qualcosa di concreto per cui prendersi la responsabilità ;
- è cosciente degli obiettivi ;
- gli vengono forniti i giusti strumenti;
- sa di avere il “potere” per governare gli eventi e raggiungere gli obiettivi.
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Ho usato volutamente il termine “potere” al posto di delega, influenza o forza, perché desidero che si capisca che molto spesso chiediamo responsabilità ma il potere di decidere resta sempre nelle nostre mani.
Alla prima difficoltà, le persone che non hanno il potere di decidere e vedono allontanarsi i loro obiettivi (anche perché il capo non decide o non le mette nelle condizioni di poter decidere su cosa fare), mollano tutto.
Nasce la demotivazione, cede l’autostima.
In seguito le persone non vorranno mai più assumersi alcuna responsabilità.
Ma è pur sempre vero che, per dare responsabilità e far accrescere l’empowerment aziendale, c’è bisogno di coraggio.
Ci vuole stima e piena fiducia negli altri, ma soprattutto nella loro capacità di imparare.
Proprio così.
Io normalmente mi comporto in questo modo: mi fido delle persone che dimostrano con i fatti la loro voglia di apprendere ad essere migliori.
Sia dal punto di vista tecnico e professionale ma soprattutto dal punto di vista umano e relazionale.
Cosa mi aspetto da un mio collaboratore?
Mi aspetto che abbia i seguenti atteggiamenti di empowerment:
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- ringrazia l’azienda perché gli offre una formazione per fare al meglio il proprio lavoro;
- chiede all’azienda una formazione non esclusivamente tecnica;
- in mancanza, sa dove procurarsela e trova anche i mezzi economici;
- è consapevole che essere migliore conviene prima a se stesso e poi all’azienda;
- comprende che ogni problema o situazione è un esclusivo momento di apprendimento;
- sceglie di assumersi le responsabilità.
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A tale proposito ricordo e concludo questo breve articolo con una frase del grande filosofo danese Soren Kierkegaard:
“La scelta in sé è cruciale per dare contenuto alla personalità: attraverso la scelta, infatti, la personalità nutre se stessa. Quando non si sceglie, la personalità si appassisce e si atrofizza”.
Chi sceglie l’ empowerment, sceglie la pianificazione strategica.
Roberto Lorusso
Founder and Ceo Duc In Altum srl
2 thoughts on “Chi sceglie l’Empowerment, sceglie la Pianificazione Strategica.”
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